Articolo
Abstract

Questo numero della REE si segnala soprattutto per i notevoli, e in un caso, eccezionali risultati scaturiti dal riesame di alcuni noti complessi di iscrizioni sepolcrali di Tarquinia e dell’Agro Fiorentino. La nuova documentazione, propiziata dall’uso di innovative tecniche di illuminazione e di rilevamento fotografico, insieme con circoscritti e mirati interventi di restauro, ha portato a una migliore leggibilità dei testi.
Il primo complesso, quello delle epigrafi del tumulo tardo orientalizzante della Montagnola di Quinto fiorentino, edito da Massimo Pallottino nel 1963, ha restituito due inattesi alfabetari e ha consentito alcune correzioni alle vecchie letture (30-35); gli interventi effettuati nel secondo, quello della tomba dell’Orco a Tarquinia, hanno portato alla chiara distinzione tra i testi dipinti e i testi preparatori incisi, con alcune novità per nulla scontate (42-43); nel terzo complesso infine, quello della tomba degli Scudi, a seguito di un restauro di una parte delle pareti dipinte che ha del miracoloso, si è finalmente giunti alla piena leggibilità del grande elogium del fondatore dell’ipogeo, Larth Velchas, sebbene esso mantenga in alcune sue parti una impermeabilità quasi completa alla comprensione del testo (44).
Accanto a questi eccellenti risultati, si registrano acquisizioni di notevole interesse, sia tra le iscrizioni inedite che tra le edite. Le prime annoverano un secondo gruppo di graffiti vascolari da piazza del Duomo a Pisa (1-12), una nuova testimonianza, questa volta inequivocabile, della gens Persia a Volterra (16), un paio di urne chiusine da Città della Pieve (14-15), un cippo frammentario ma con un testo di contenuto assai probabilmente pubblico o sacrale da Bolsena (18), un nuovo elmo iscritto da Vulci (19), un piccolo nucleo di iscrizioni che vanno ad arricchire il non abbondante repertorio dell’epigrafia ortana (20-25) e ancora un graffito vascolare dalla zona di Firenze, che fu visto dal celebre linguista svizzero de Saussure, scoperto su una carta dell’archivio Danielsson (13), e infine una iscrizione fantasma, perché praticamente illeggibile ma sicuramente esistente, conservata in tracce su un frammento di antichissima olla ceretana dalla lontana Alicante (26). E ancora, tra le riletture, novità vengono da Perugia (36-38) e da musei americani e svizzeri (46-47, 48-50). Un piccolo capitolo a parte è costituito dai falsi: particolarmente affollata risulta la serie degli specchi con la rappresentazione del ratto di Teti da parte di Peleo, di cui si fornisce un nuovo elenco, che mostra quanto queste contraffazioni, spesso misconosciute, abbiano letteralmente invaso le collezioni di moltissimi musei (49).
Nella terza parte, si discetta sui percorsi seguiti da alcune urne fittili chiusine, già nella collezione Campana, poi trasferite in Francia, e infine approdate al Museo di Metz (52). Chiude la nostra raccolta una breve nota sulla coppia di lettere che, incise con tratto leggerissimo, sono state viste sulla lamina aurea B di Pyrgi (53).

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