
Conclusioni. Per una storia del santuario e del suo territorio
Articolo in «Il tempio del Sardus Pater ad Antas»
Raimondo Zucca
Monumenti Antichi, 79
2020, pp. 289-324, PDF
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Articolo in «Il tempio del Sardus Pater ad Antas»
Raimondo Zucca
Monumenti Antichi, 79
2020, pp. 289-324, PDF
«Queste rovine [del tempio d’Antas] si trovano in una foresta d’elci oscura e pittoresca: qualcuno di questi alberi, crescendo in mezzo al tempio stesso, ne ha accelerato la distruzione». La descrizione di Antas ad opera di Alberto La Marmora, che visitò le rovine nel 1838, corrisponde alla veduta romantica del monumento in una incisione dell’architetto Gaetano Cima dell’anno successivo. Ma il paesaggio della foresta è un paesaggio storico che risponde ai lunghi secoli di abbandono a partire dall’epoca tardoantica, prima della ripresa delle coltivazioni minerarie di piombo argentifero e di ferro attuate sotto il dominio pisano di Villa di Chiesa (Iglesias) e sotto la Corona d’Aragona fra XIII e XV secolo e, finalmente, nell’Otto-Novecento. Il paesaggio antico, medievale e moderno dell’industria mineraria è, invece, un paesaggio brullo dominato dal rilievo dei calcari e delle dolomie cambriane, che circondano la vallata di Antas con Punta su Mannau, Punta Gallesu e Monte Conca s’Omu a settentrione, e Punta sa Mucca e Cuccuru Suergiu a mezzogiorno […]